Sumario: | Da un lato, Carl Schmitt: il futuro Kronjurist del Terzo Reich, che sa andare all'essenza dei fenomeni giuridici con le sue taglienti definizioni, e avuole usare di questo talento per imprimere ai fenomeni una direzione. Crede che la Chiesa di Roma sia la madre del jus publicum europaeum, il diritto romano essendone il padre; e vede nella rivoluzione fatta in nome dell'economia e della tecnica una minaccia mortale, per il sapere giuridico, ma soprattutto per l'immagine dell'uomo che il diritto ha custodito. Dall'altro lato, Romano Guardini: un prete cattolico che riesce a parlare a molti in Germania. Per lui hanno inventato una disciplina, la katholische Weltanschauung; e lui ne ha fatto una pericolosa concorrente della Weltanschauung nazista. Nei suoi scritti parla di liturgia, di vita comunitaria di Chiesa, di dignità della persona, e legge i classici, filosofi e poeti, con la stessa libertà e profondità con cui affascina i ragazzi del Movimento giovanile. Sapevamo già che, prima dell'avvento di Hitler, Schmitt e Guardini si conoscevano; che avevano avuto discepoli in comune; che contribuivano allo stesso clima di "renouveau cattolico" della cultura tedesca. Questo libro muove dalla documentazione di un rapporto epistolare tra i due, per chiedersi a partire da quale punto i loro itinerari di pensiero inizino a divergere, annunciando la separazione anche dei loro itinerari di vita. Al centro c'è la dottrina filosofico-giuridica della Repräsentation, e due domande sullo sfondo: la scienza del diritto ha in sé degli anticorpi contro il totalitarismo? È possibile, e oggi auspicabile, superare la forma rappresentativa dell'esistenza politica?
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