Sumario: | Sono sempre più ricorrenti le nozze di persone battezzate che, pur professandosi non credenti, hanno celebrato il matrimonio con il rito religioso. Anche il recente Sinodo sulla famiglia si è posto nuovamente la questione.
La mancanza di fede è un fenomeno molto complesso che include le situazioni soggettive più disparate. Infatti, ci sono diverse categorie di battezzati non credenti: il battezzato ignorante; il battezzato non praticante; il battezzato che ha perso la fede, pur conservando ancora qualche forma di religiosità; il battezzato senza alcuna religiosità; il battezzato che, pur conoscendo la posizione della Chiesa circa la sacramentalità del matrimonio, non soltanto non l’accetta, ma la contesta; e infine il battezzato che respinge radicalmente qualsiasi sacralità e istituzionalizzazione religiosa del matrimonio.
Ma dal punto di vista del diritto canonico, tutto si concentra sul battesimo degli sposi: basta che entrambi siano battezzati ed esprimano il consenso matrimoniale per far emergere lo stesso consenso sul piano sacramentale.
Quindi, anche se menzionata nel «Motu Proprio» Mitis Iudex Dominus Iesus sulla riforma del processo di nullità matrimoniale, la mancanza di fede non costituisce un nuovo capo di nullità. La validità del sacramento del matrimonio non può dipendere dalla situazione soggettiva della fede personale di un nubendo. Oltre a porre il problema di come valutare il grado di fede necessario per celebrare validamente il sacramento, si deve tener presente che la fede non dipende completamente dalla volontà del soggetto, ma che è innanzitutto un dono soprannaturale.
Tuttavia, non si può negare che la fede personale abbia un ruolo importante nel matrimonio cristiano. La fede si colloca allora non direttamente al livello della validità del matrimonio, ma a quello della sua fruttuosità.
Occorre quindi un’evangelizzazione o una catechesi pre e post-matrimoniale, perché ogni persona possa celebrare il matrimonio non soltanto validamente, ma anche fruttuosamente. Non per nulla papa Francesco, nell’allocuzione alla Rota Romana del 21 gennaio 2017, ha parlato di «un nuovo catecumenato in preparazione al matrimonio», perché, come ha spiegato sempre parlando alla Rota Romana nel 2018, «l’intenzione sacramentale non è mai frutto di un automatismo, ma sempre di una coscienza illuminata dalla fede, come il risultato di una combinazione tra umano e divino. In questo senso, l’unione sponsale può dirsi vera solo se l’intenzione umana degli sposi è orientata a ciò che vogliono Cristo e la Chiesa».
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