Il sud Sudan a sei anni dalla travagliata indipendenza

Il 9 luglio 2011, sei mesi dopo il referendum che ha sancito l’indipendenza dal Sudan arabo e musulmano e dopo vari decenni di conflitti cruenti, la Repubblica del Sudan Meridionale, il Sud Sudan, è divenuta il 54° Stato del continente africano. Essa è oggi quindi lo Stato più giovane del mondo. A...

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Rusatsi, Andrew (-)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=490747
Descripción
Sumario:Il 9 luglio 2011, sei mesi dopo il referendum che ha sancito l’indipendenza dal Sudan arabo e musulmano e dopo vari decenni di conflitti cruenti, la Repubblica del Sudan Meridionale, il Sud Sudan, è divenuta il 54° Stato del continente africano. Essa è oggi quindi lo Stato più giovane del mondo. A sei anni dalla travagliata indipendenza, non c’è però molto da celebrare, tanto che il Paese ha preferito cancellare i festeggiamenti ufficiali. Infatti, nonostante le enormi ricchezze naturali, i sanguinosi conflitti interni tra le etnie continuano ad accompagnare la storia del Paese, segnato dalla fame, dalla povertà, dal dramma dei rifugiati e dal collasso dell’economia. La differenza tra il Sud del Paese – verde e fertile, e con tante risorse naturali in superficie e nel sottosuolo – e il Nord – arido, e quasi privo di ricchezze naturali – è stata una delle principali cause di divisione interna. Il Nord del Sudan, arabo e musulmano, è riuscito a sfruttare le risorse del Sud, nero, cristiano e animista, lasciato senza quasi alcun incentivo per lo sviluppo. L’animosità violenta contro il Sud è emersa anche quando si sono formati gruppi e milizie che hanno intrapreso una lunga lotta per l’autonomia e alla fine hanno raggiunto l’indipendenza. Sul fronte interno, i protagonisti del conflitto sono le etnie dinka e nuer, che insieme rappresentano la maggioranza della popolazione del Paese, dove si contano almeno 64 diverse etnie. Nonostante l’accordo di pace, raggiunto nell’agosto 2015, la tregua non è durata a lungo e in tutto il Paese sono riprese le ostilità. Gli aiuti internazionali sono stati sospesi o ridotti e l’economia del Sud Sudan è oggi al collasso. In questa situazione, circa 4 milioni di persone, ossia un terzo della popolazione ufficiale del Sud Sudan, hanno dunque lasciato case e terre. Chi è rimasto vive continuamente nella paura. In questo contesto, le Chiese cristiane – tra cui la Chiesa cattolica con quattro milioni di fedeli – svolgono un ruolo insostituibile, soprattutto per la riconciliazione e l’accoglienza dei profughi interni, ma la pace appare un miraggio ancora lontano. Tempo fa papa Francesco aveva espresso il desiderio di visitare il Paese, ma poi ha dovuto rimandare il viaggio per motivi logistici e di sicurezza. Recentemente, il 23 novembre, nella Basilica di San Pietro è stata organizzata una Veglia di preghiera per la pace in Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, presieduta dal Santo Padre. Il Papa ha ricordato il suo desiderio di visitare il Paese e ha affermato la sua volontà di «gettare semi di pace» grazie alla preghiera, che «opera con la forza di Dio, al quale nulla è impossibile».