Sumario: | Il confronto con il tema della morte, tra i suoi molteplici e variegati aspetti, pone in particolare a chi resta l’importanza e la necessità di rielaborare l’esperienza di perdita della persona cara, imparando a lasciarla andare. È un atteggiamento obiettivamente difficile perché paradossale. Ma è indispensabile: in caso contrario si diviene portatori di morte, come mostrano studi compiuti sui reduci dai Lager, che hanno evidenziato la dimensione «transgenerazionale» dei lutti irrisolti.
Per capire cosa significhi il lavoro del lutto si può riprendere l’esperienza autobiografica del celebre scrittore, Clive Staples Lewis, descritta nel libro Diario di un dolore, in occasione della perdita della moglie. Nel suo Diario, l’autore riesce a fare verità dei sentimenti provati, senza censure anche di fronte a Dio: Lewis è credente, ma questo non attenua il dolore, anzi lo rende ancora più straziante. Ma lo fa anche senza risparmiarsi la fatica e il dolore di interpretarli, fino a intravedere un possibile percorso capace di condurlo fuori dal tunnel della morte.
D’altra parte, questo sofferto confronto è l’unica maniera di ritornare a vivere, di fare nuovamente esperienza di senso. Purché questa elaborazione abbia un inizio e una fine: come ha compreso e fatto Lewis, che si è dato il limite di «quattro quaderni», rinvenuti tra gli oggetti della moglie, per compiere e concludere la strada intrapresa.
La conclusione del lavoro del lutto è infatti una decisione della volontà, che nasce dall’accettazione del limite e pone una fine alla narrazione: in questo caso il non avere a disposizione altri quaderni. Non è il sapere ad aiutarlo a tornare a vivere, ma una decisione: il bene deve essere voluto. È stato detto che il sapere non è la causa, ma l’effetto del processo di guarigione.
In Diario di un dolore – un’elaborazione del lutto che, in questo caso, Lewis riesce a compiere da solo – si apprezza il valore terapeutico della scrittura. Ma questa impresa è sempre accompagnata da una certezza, rivista, contestata e infine ritrovata, che ha ispirato le sue pagine: «Lewis non avrebbe neppure iniziato a scrivere i suoi quaderni, se non avesse creduto fin dal primo momento che farlo fosse un modo di rendere omaggio alla moglie scomparsa, e proprio attraverso una lode, per quanto inconsapevole» (E. Perrella). Scrive infatti, alla fine, Lewis: «La lode è il modo dell’amore che ha sempre in sé un elemento di gioia. Lode nel giusto ordine: di Lui come donatore, di lei come dono».
Per elaborare un lutto risultano dunque indispensabili due cose: un punto fermo, che la morte scuote ma non può distruggere, e la solidarietà con il dolore altrui, invece che la presa di distanza «difensiva».
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