Arte cristiana e cultura contemporanea tra declino e speranza di riscatto

Il rapporto tra cristianesimo e arti visive si è configurato nel mondo europeo, pur tra alterne vicende, come la storia di una stretta e feconda alleanza. Di fatto, la produzione artistica dell’Occidente – dalla Spagna alla Russia, dall’Italia ai Paesi scandinavi – non può essere compresa separatame...

Descripción completa

Detalles Bibliográficos
Autor principal: Dall'Asta, Andrea aut (Autor)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=487342
Descripción
Sumario:Il rapporto tra cristianesimo e arti visive si è configurato nel mondo europeo, pur tra alterne vicende, come la storia di una stretta e feconda alleanza. Di fatto, la produzione artistica dell’Occidente – dalla Spagna alla Russia, dall’Italia ai Paesi scandinavi – non può essere compresa separatamente dalle sue radici cristiane. E la Chiesa – ma potremmo parlare anche di «Chiese», come la Chiesa cattolica o quella ortodossa – è stata una committente straordinaria. Tuttavia, l’alleanza tra arte e fede appare sempre più allentarsi con il passare dei secoli. In modo particolare, a cominciare dal XVIII secolo e con l’affermarsi dell’Illuminismo, l’ispirazione artistica che nasce dall’esperienza di fede cristiana perde progressivamente quella capacità creativa e propulsiva che era stata all’origine di realizzazioni pittoriche, scultoree e architettoniche straordinarie. Come reagisce la Chiesa a questa crisi epocale e al lento e progressivo processo di secolarizzazione? Da un lato, c’è la tentazione di reinscrivere la postmodernità nella tradizione, con un ritorno a un passato mitico e rassicurante. Dall’altro, la vera sfida consiste nell’ascoltare gli interrogativi del nostro tempo. La ragione per cui l’arte contemporanea è così frammentata e diversificata nelle sue espressioni – pensiamo solo alla distanza tra Jackson Pollock e Lucian Freud, tra Francis Bacon e la Pop Art, tra Ettore Spalletti e Damien Hirst – è probabilmente che essa è abitata dall’ansia di una ricerca di senso che è sempre insoddisfatta e di fronte alla quale la Chiesa si sente talvolta impreparata e confusa. Questo profondo senso di smarrimento emerge pienamente dall’arte liturgica attuale, per la maggior parte anacronistica, inadeguata. Quando entriamo nelle nostre chiese per vedere quali interventi sono stati compiuti in questi ultimi decenni, restiamo colpiti dalla frammentarietà delle proposte, dall’improvvisazione delle diverse realizzazioni, sia negli spazi antichi sia in quelli contemporanei, come se ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, non fosse stata elaborata una seria riflessione sul tema dell’immagine. Tra queste diverse espressioni figurative, sembra emergere un comune denominatore: lo sguardo rivolto al passato. L’arte è chiamata a essere di nuovo profetica, indicando nuovi orizzonti di senso, perché l’uomo di oggi possa essere in grado di accettare le sfide della contemporaneità e dei suoi linguaggi. Quale arte oggi è capace di dialogare con l’assoluto?