La politica estera di Donald Trump

A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale il Presidente degli Stati Uniti era considerato, dai Paesi alleati e del fronte occidentale, come «il leader del mondo libero», garante dei valori che si volevano porre alla base del nuovo ordine mondiale, cioè quelli della democrazia, del libero me...

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Sale, Giovanni, 1958- aut (Autor)
Formato: Artículo
Idioma:Italiano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=487128
Descripción
Sumario:A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale il Presidente degli Stati Uniti era considerato, dai Paesi alleati e del fronte occidentale, come «il leader del mondo libero», garante dei valori che si volevano porre alla base del nuovo ordine mondiale, cioè quelli della democrazia, del libero mercato e del rispetto dei diritti della persona. Gli Stati Uniti sono sempre stati dunque, come si era soliti dire, una sorta di «poliziotto del mondo», chiamato a risolvere le situazioni di crisi internazionali. Donald Trump ha dichiarato invece, in diverse circostanze, di voler difendere esclusivamente gli interessi statunitensi, anche negli affari di politica estera. La politica estera degli Stati Uniti, secondo Trump, dovrebbe essere guidata da motivazioni di carattere economico-mercantilistico anziché da quelle di carattere politico-umanitario. Non si ispira più a motivazioni di carattere «imperiale», quale era stato l’indirizzo degli Usa negli ultimi decenni, ma alla semplice regola della reciprocità negli scambi commerciali, come precondizione di ogni relazione bilaterale anche in materia politica, il che è l’opposto di un’economia che vuole essere libera e globale e non semplicemente mercantilistica. Questo dichiarato cambiamento epocale nella politica estera statunitense è stato un vero e proprio shock per i cosiddetti «Paesi amici». Ora, la difficile e intricata questione mediorientale sarà certamente il primo banco di prova del cambiamento di linea per la nuova amministrazione statunitense. Il Medio Oriente di fatto oggi appare come il «centro del disordine mondiale». Questo spiega perché uno dei pochi punti chiari dell’agenda politica di Trump riguarda la lotta al terrorismo internazionale e, in particolare, all’Isis. Molti analisti considerano l’elezione di Trump come un ripudio della politica estera americana degli ultimi due decenni, in particolare dell’intervento in Iraq del 2003 — deciso da Bush jr per abbattere il regime di Saddam Hussein —, considerato a ragione come la causa di molte sciagure che in seguito hanno sconvolto quella regione. Quello che ora si chiede alla nuova amministrazione americana è che, mentre persegue giustamente gli interessi del Paese (America first), non dimentichi che una grande potenza come gli Usa ha anche degli obblighi morali verso la comunità internazionale, di cui è parte, e che quindi valorizzi quel capitale di princìpi e ideali (come la libertà, la solidarietà e l’accoglienza) di cui gli Stati Uniti sono stati sempre portatori e spesso anche difensori.