I "Big data" e le sfide etiche

I poveri del XXI secolo sono, al pari di chi non ha denaro, coloro che, in un mondo basato sui dati e sulle informazioni, sono ignoranti, ingenui e sfruttati. Il rilievo che ha avuto in questi giorni l’entrata in vigore nel nuovo Regolamento dell’Unione Europea in materia di protezione dei dati pers...

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Detalles Bibliográficos
Autor principal: Kelly, Michael (-)
Formato: Artículo
Idioma:Castellano
Ver en Red de Bibliotecas de la Archidiócesis de Granada:https://catalogo.redbagranada.es/cgi-bin/koha/opac-detail.pl?biblionumber=492283
Descripción
Sumario:I poveri del XXI secolo sono, al pari di chi non ha denaro, coloro che, in un mondo basato sui dati e sulle informazioni, sono ignoranti, ingenui e sfruttati. Il rilievo che ha avuto in questi giorni l’entrata in vigore nel nuovo Regolamento dell’Unione Europea in materia di protezione dei dati personali (Gdpr) e le recenti polemiche su Facebook e Cambridge Analytica, hanno certo mostrato a un pubblico più vasto quanto sia profonda e diffusa l’invasione della privacy a scopo di profitto commerciale. D’altra parte, ci stiamo catapultando in un’economia internazionale dove quasi ogni settore sarà un’industria di raccolta e trasformazione di dati. Dati in gran parte generati direttamente dagli utenti. Quasi tutti gli addetti alla raccolta di informazioni online possono affermare che le loro prassi riguardo alla raccolta dei dati sono specificate nelle norme in materia di privacy e nei termini di utilizzo; pertanto, gli utenti le hanno accettate. È in genere la verità, ma non è tutta la verità. Ciò che questi soggetti non dicono a chiare lettere è: «In cambio del vostro uso gratuito (o anche a pagamento), del nostro servizio, noi venderemo i vostri dati direttamente o indirettamente a inserzionisti e ad altri aggregatori di dati». Questo elemento aggira uno dei princìpi chiave dell’economia: quello secondo cui il prezzo è una dichiarazione di valore. Laddove invece ai consumatori vengono offerti soltanto prodotti «gratuiti» ma essi non sono pienamente consapevoli del «prezzo» in dati personali che continuano a pagare, non c’è alcun modo per loro di calcolare il reale valore finanziario di quei dati personali. Una simile asimmetria informativa nei mercati diminuisce anche l’efficacia e la portata delle attuali leggi antitrust. Il prossimo miliardo di utenti di internet proverrà dal mondo in via di sviluppo e, ancor più sorprendentemente, sarà in gran parte dichiaratamente religioso. La scarsa comprensione di che cosa rappresentino una simile raccolta e un simile trasferimento su vasta scala di informazioni personali sui poveri dovrebbe costituire un oggetto di reale preoccupazione da parte della Chiesa. Essa può proclamare ad alta voce il suo modo di concepire il progresso, che è spirituale e incentrato sull’uomo, per integrare il messaggio, oggi dominante, dell’utopismo tecnologico. Se Eric Schmidt, già ad di Google, giunge ad affermare: «Credo che in realtà la maggior parte delle persone non desideri che Google risponda alle loro domande; quello che vogliono da Google è che dica loro che cosa dovrebbero fare in futuro», appare evidente quanto sia necessario apportare un contributo etico ed evangelico al mondo dei dati e degli algoritmi. *già amministratore delegato della Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (Icann).